INFORMARE
Informare i cittadini di una situazione che non trova spazio nei media, a parte nei momenti della cosiddetta “emergenza freddo”
DENUNCIARE
Denunciare è necessario affinché queste persone, già identificate per qualcosa che non hanno (senza dimora), non scompaiano nel dimenticatoio della comunità
CONDIVIDERE
Condividere concretamente con i senza dimora una notte all’addiaccio, un gesto di solidarietà per chi vive questa condizione e di comprensione per chi non la vive
PROPORRE
Proporre interventi e piani di azione è indispensabile per concordare strategie mirate e condivise con le Amministrazioni, per non disperdere risorse e mancare i risultati
Non esiste un solo tipo di povertà, ma ben tre:
- La povertà alimentare è la condizione di chi diminuisce la qualità e la quantità di cibo – sebbene sufficienti a non dover saltare dei pasti – per tener conto del costo dei diversi alimenti; per alcune fasce della popolazione si tratta di dover ricorrere ai pacchi viveri offerti da organizzazioni del Terzo settore o frequentare le mense per i poveri;
- La povertà sanitaria è la condizione di quei cittadini che non possano più far fronte a esigenze legate alla salute, come l’esecuzione di esami diagnostici, visite specialistiche oppure terapie non offerte gratuitamente da un Sistema Sanitario Nazionale oggettivamente sempre più in affanno;
La povertà assoluta è la condizione di chi non raggiunge “uno standard di vita minimamente accettabile” calcolato dall’Istat e legato a un’alimentazione adeguata, a una situazione abitativa decente e ad altre spese basilari come quelle per la salute, i vestiti e i trasporti: non si parla, quindi, di rinunciare alle vacanze, a svaghi come il cinema o ad apparecchiature tecnologiche.
Secondo l’Istat nel 2013 la povertà assoluta è la condizione in cui vive il 9,9% delle persone residenti nel nostro Paese, corrispondenti a 6.000.000 di persone e a 2.000.000 di famiglie italiane (cioè all’8% delle famiglie); nel 2007 vivevano in condizione di povertà assoluta il 4,1% dei residenti. In 6 anni è più che raddoppiata la popolazione povera.
Colpisce non più le categorie note di persone a rischio (anziani soli, migranti e famiglie numerose soprattutto al Sud), ma colpisce le famiglie del Centro-Nord, con uno o due figli minori, con capofamiglia di età inferiore ai 35 anni, famiglie con componenti occupati.
Aumentano, quindi, le categorie di persone che vivono un bisogno concreto e a questo deve corrispondere un aumento di risposte che non necessariamente chiedono investimenti economici aggiuntivi, ma una riorganizzazione della distribuzione del budget già assegnato, affiancato dall’offerta di servizi sociali di accompagnamento.
All’interno della fascia di persone che versano in una situazione di povertà estrema, in Italia, ci sono circa 48.000 persone che sono senza dimora (dati fio.PSD 2011).
Di questi:
- l’86,9% sono uomini;
- il 57,9% ha meno di 45 anni;
- il 40,6% sono italiani;
- in media si trovano senza dimora per un periodo di 2,5 anni;
- quasi i due terzi prima di diventare senza dimora viveva nella propria casa;
- il 61,9% ha dichiarato di aver perso un lavoro stabile a seguito di licenziamento e/o chiusura dell’azienda (il 22,3%), per il fallimento di una propria attività (il 14,3%) o per motivi di salute (il 7,6%).
Gli elementi ricorrenti nella condizione di senza dimora sono:
- multifattorialità: presenza contemporanea di bisogni e problemi diversi come ad esempio malattia, dipendenza (da alcol o droga), isolamento dalle reti familiari e sociali;
- progressività del percorso emarginante: le condizioni di disagio si consolidano e si aggravano, spingendo verso la cronicizzazione, autoalimentando un percorso di peggioramento;
- esclusione dalla prestazioni di welfare: la persona senza dimora ha difficoltà a trovare accoglienza e risposte appropriate nei servizi istituzionali per le elevate barriere di accesso e i conflitti di competenza;
difficoltà nello strutturare e mantenere relazioni significative: la persona senza dimora, quanto più a lungo vive in questa condizione, tanto più vive le relazioni come funzionali alla sopravvivenza oppure con superficialità a causa della loro stessa instabilità.
Bisogna anche considerare un aspetto spesso taciuto, ovvero il fatto che sia ragionevole ipotizzare che, come è avvenuto in passato, la ripresa della crescita porterà ad una riduzione della povertà assoluta, ma è irrealistico immaginare un ritorno ai valori del 2007.
La ragione risiede nei mutamenti strutturali vissuti dalla società italiana, a partire dalla precarizzazione del mondo del lavoro e dall’indebolimento della capacita delle reti familiari di fornire sostegno economico: pur risultando impossibile formulare in merito previsioni attendibili, si può certamente affermare che un tasso di povertà assoluta più alto rispetto allo scenario pre-crisi sia destinato a permanere.
I servizi erogati in Lombardia e Lazio raggiungono, insieme, quasi il 40% dell’utenza nazionale (rispettivamente, 20% e 17%).
I servizi milanesi riescono ad accogliere ben il 63% dell’utenza lombarda, mentre Roma serve il 91% dell’utenza del Lazio. Seguono Sicilia e Campania, regioni che raggiungono, ciascuna, il 10% dell’utenza nazionale.
A Milano nel 2014 si è registrata per la prima volta dal 2011 una flessione di presenze di persone in strada nel periodo invernale, passate da 2.637 a 2.263 (di presenze censite).
L’identikit del senza dimora milanese che ha vissuto per strada l’ultimo inverno è: uomo (87%), di età compresa tra 40 e 60 anni (51%), celibe (58%), straniero (72%).
Sono in aumento le donne, passate dall’8 al 13%, rimangono stabili i padri separati (15%).
- Persone sotto la soglia di povertà assoluta
- Persone sopra la soglia di povertà assoluta